lunedì 11 gennaio 2010

Elezioni regionali 2010, Partito Democratico rischia di più

Sono tanti i motivi per cui le elezioni regionali di fine marzo sono importanti, per
certi versi addirittura decisive ai fini del modo con cui proseguirà la legislatura. Tre, in particolare. Primo: si tratta dell’ultima tornata elettorale prima delle politiche del 2013. Significa che per tre anni non si voterà più, ci sarà spazio solo per l’azione di governo e per la dialettica tra schieramenti e tra i partiti che li compongono. Dunque un lungo periodo da giocarsi all’insegno della politica tout court; una corposa maratona nella quale centro-destra e centro-sinistra saranno per così dire soli di fronte a sè stessi, costretti a presentarsi ai cittadini per quello che valgono ai fini di conquistarne il consenso e tagliare il traguardo più importante. Secondo, proprio perché sono l’ultima chiamata utile, le regionali disegneranno senza possibilità di altri appelli i rapporti di forza tra maggioranza e opposizioni. Pdl e Pd, in particolare, potranno e dovranno valutare se l’appeal presso l’elettorato cresce o declina, eventualmente aggiustando il tiro delle cose che non vanno con un adeguato lasso di tempo di fronte. Terzo, infine. Le regionali saranno il banco di prova di possibili esperimenti in fatto di alleanze: da consolidare o da rinnovare. Ed è chiaro che proprio il versante delle alleanze è quello più delicato per comprendere l’evoluzione e gli scenari futuri.

Per il centro-destra, si incrociano significativi elementi. La cassaforte del lombardo-veneto non è in discussione. Si tratta di capire se il pressing leghista che ha scalzato Galan e candidato Cota in Piemonte è in grado di confermare l’onda lunga del Carroccio. A fare da contraltare, ci sono le candidature ”finiane” in Calabria e nel Lazio. E’ evidente che il braccio di ferro tra ex An e Lega è uno dei tornanti più spinosi per la coalizione di governo e per Silvio Berlusconi soprattutto. Ma c’è anche un’altra partita, fondamentale. Dimostrare che il Pdl è in grado di espugnare anche le roccaforti della sinistra nel centro e nel Mezzogiorno: non più asse del Nord con qualche appendice, bensì vero partito nazionale, considerata anche la non esaltante situazione siciliana. Da questo punto di vista, Lazio e Campania rivestono una importanza strategica: strapparle al centro-sinistra non è una questione di guadagnare postazioni di rilievo. E’ l’essenza stessa della posta in palio.

Assai più complicata – per certi versi addirittura strutturale perchè coinvolge la complessiva tenuta del Pd – è la situazione nel centro-sinistra. C’è un problema di candidature come si evince da settimane (e il rilancio di Emma Bonino a Roma è foriero di nuove divaricazioni in seno ai Democratici), e c’è in particolare la questione delle alleanze, assai più vitale e intrigante che nella maggioranza. Il laboratorio pugliese è il più scabroso per sperimentare l’intesa con l’Udc e verificare se esistono i presupposti per eventualmente trasferirla anche a livello nazionale. Ma proprio in questa regione la sensazione è che il gioco sia sfuggito di mano. La contrapposizione tra Vendola e Boccia minaccia di essere letale, mentre i centristi stanno a guardare sempre più sconcertati. Al dunque tutto si gioca tra Lazio, Campania e Puglia. Se il centro-destra dovesse prevalere in almeno due di queste regioni, il Pd e il suo nuovo segretario finirebbero nell’occhio del ciclone. Con esiti che sarebbero devastanti. di Carlo Fusi Il Mattino

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